sabato 26 novembre 2011

Olio Extravergine di Oliva Colline di Romagna DOP




Zona geografica di produzione:

L'intero territorio della provincia di Rimini posto a monte dell'autostrada A 14 e il territorio della provincia di Forlì definito dai comuni di Roncofreddo, Borghi, Mercato Saraceno, Sogliano al Rubicone, Montiano, Meldola, Predappio, Civitella di Romagna, Dovadola, Castrocaro Terme, per la loro intera estensione, e dai comuni di Forlì, Forlimpopoli, Bertinoro, Cesena, Gambettola, Longiano, Savignano sul Rubicone, limitatatamente al territorio posto a monte della Strada Statale n. 9 “Emilia”.

L'olio extra vergine di oliva di Romagna viene quindi prodotto quasi tutto all’interno dei territori definiti dai disciplinari di produzione che fanno riferimento alle Denominazioni di Origine Protetta "Brisighella", nel ravennate, e "Colline di Romagna" , ovvero le colline forlivesi, cesenati e riminesi.

Le peculiari caratteristiche chimiche e organolettiche di questo olio derivano dalla combinazione di diversi fattori come le varietà di olivo presenti sul territorio, le caratteristiche dei terreni, il clima delle aree di coltivazione e le pratiche agronomiche, che che prevedono una particolare cura nelle fasi di coltivazione e di raccolta manuale delle olive dalle piante.

Sono soprattutto le caratteristiche dei terreni e le varietà di olivo coltivate a condizionare l’aroma e il gusto dell' olio di Romagna. L' aroma di quest' olio, che possiede tra l' altro una bassissima acidità, è infatti molto delicato e fruttato, tanto da ricordare il frutto dell’oliva non completamente matura e appena franta. É un olio non eccessivamente strutturato, infatti le sue caratteristiche sono intermedie tra quello ligure (delicato) e quello toscano o pugliese (più deciso e forte). In genere è di colore giallo con riflessi verdognoli molto intensi.


Fonti Storiche

Le dimensioni della sua presenza nel tempo si sono modificate in seguito alle variazioni climatiche ed al conseguente oscillare del suo limite settentrionale di espansione.

A partire dall'età villanoviana quantomeno, la presenza dell'olivo in area di Rimini può dirsi continuativa. Il forte radicamento dell'olivo in questo territorio è testimoniato dalla sua persistente presenza anche nella difficile fase storica che vede la caduta dell'impero, il dispiegarsi delle invasioni barbariche, la crisi dell'assetto agricolo.

Nei secoli dell'alto Medioevo, numerose fonti archivistiche segnalano la presenza di olivi sparsi, oppure di oliveti veri e propri nelle campagne collinari presso Santarcangelo di Romagna. Dopo il mille sono più numerose le carte che testimoniano la diffusione dell'olivo

in ambito riminese. La documentazione notarile successiva (specie quella quattrocentesca)

conferma il peso dell'olivo in tutto il territorio, con speciale fortuna sui rilievi collinari.

Nel tardo medioevo, trova una sua eloquente testimonianza grazie alla diffusa presenza dei molini da olio e delle scorte presenti nei castelli di Santarcangelo di Romagna ed in

quasi tutti quelli del riminese. Successivamente alti e bassi, determinati da una serie di eventi climatici, favorevoli e non, hanno portato alla crisi dei primi dell'ottocento, alla ripresa degli anni trenta, e così via.

L'olivo è presente un po' ovunque in Romagna, ma trova la sua massima concentrazione nella provincia di Rimini. Una significativa presenza si ha anche nelle prime colline della provincia di Forlì-Cesena. La presenza dell'olivo è concentrata soprattutto negli ambiti territoriali di media e bassa collina.

Le fonti statistiche della regione Emilia-Romagna riportano una superficie olivetata complessiva di circa 1400 ettari e un patrimonio olivicolo stimato in circa300.000 piante. Per quanto riguarda la coltura, i vecchi impianti si alternano a quelli specializzati, recentemente introdotti. La densità d'impianto può variare da 80/100 piante/ha fino a 500/600 per ettaro negli impianti intensivi.

Varietà di olive:

frantoio e/o correggiole (sinonimo locale di frantoio), minimo 60%; leccino, massimo 40%: ammessi Dondolino, moraiolo. selvatico, rossina e capolga, massimo 15%.





Caratteristiche di coltivazione:

le condizioni ambientali e di coltura degli oliveti devono essere quelle tradizionali e caratteristiche della zona e, in ogni caso, idonee a conferire le specifiche caratteristiche qualitative all'olio derivato.

I sesti d'impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura, devono essere quelli tradizionalmente in uso nella zona. Sono ammesse nuove forme di potatura e allevamento purché non modifichino le caratteristiche delle olive e dell'olio extravergine di oliva prodotto.

La produzione massima di olive per ettaro non può superare 71 con un limite sempre massimo per pianta di 60 kg. La raccolta delle olive deve essere effettuata tra il 20 ottobre e il 15 dicembre di ogni anno e può essere effettuata a mano o con mezzi meccanici. Non è ammessa la raccolta di olive cadute a terra per attacchi parassitari.

Modalità di oleifìcazione: le olive devono essere sottoposte a defogliazione e lavaggio con acqua potabile, ogni altro trattamento è vietato.

Le operazioni di oleifìcazione devono essere effettuate entro i due giorni successivi alla raccolta.

Per l'estrazione dell'olio, sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici atti a produrre oli che presentino il più fedelmente possibile le caratteristiche peculiari originarie del frutto e presso gli impianti di molitura (frantoi) presenti in zona.

La resa massima di olive in olio non può superare il 18%.

Le operazioni di estrazione dell'olio e di confezionamento devono essere effettuate soltanto nella zona di produzione.


Caratteristiche al consumo:


colore: dal verde al giallo oro;
odore: di fruttato di oliva medio o talvolta intenso, con eventuali sensazioni di erba o foglia;
sapore: di fruttato di oliva con leggera sensazione di amaro e/o media piccante, unitamente ad eventuali sentori di mandorla, carciofo o pomodoro;
acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non eccedente grammi 0,5 per 100 grammi di olio;
punteggio al panel test > =7;
È obbligatorio indicare in etichetta l'annata di produzione delle olive da cui l'olio è ottenuto.

Riferimenti normativi:
Prodotto DOP, Reg. Ce n. 1491 del 2003 della Commissione pubblicata sulla Guce L 214/6 del 26/8/03


Fonti:


sabato 19 novembre 2011

Le tisane



La tisana è una miscela di almeno due piante, una delle quali è detta principale, ed è caratterizzata dalle proprietà che s'intendono sfruttare. L'azione della pianta principale è integrata ed ampliata da una o più piante dette adiuvanti.







Le tisane sono bevande medicinali ottenute peri nfusione o decozione di fiori, erbe, semi e cortecce. Si preparano con piante fresche o essiccate e, a seconda delle fonti vegetali utilizzate, possono avere proprietà dimagranti, drenanti, lassative, anticellulite, diuretiche, digestive, sedative, antinfiammatorie.



Talvolta nelle tisane, oltre all'elemento principale e all'adiuvante, troviamo anche un terzo fattore: il correttore del gusto. Mentre la pianta principale e l'adiuvante sono elementi necessari affinché si possa parlare di tisana, la pianta che migliora il sapore (frequentemente amaro) non è necessaria, ma spesso è utile, non solo per migliorare le caratteristiche organolettiche della preparazione, ma anche per le proprietà intrinseche della pianta stessa: è il caso della liquirizia, una delle piante più usate per migliorare il sapore delle tisane. Questa pianta è dotata di buone proprietà depurative infatti secondo studi recenti la liquirizia sembra avere la proprietà di rendere maggiormente biodisponibili i principi attivi delle piante medicinali presenti nella tisana. Le proprietà anche notevoli di certe piante sono inutili se l'organismo che assume le preparazioni erboristiche non può farle proprie. La capacità di fruire dei principi attivi presenti nelle piante prende, appunto, il nome di biodisponibilità. 
Di solito le tisane vengono assunte a dosaggi non molto alti (1-2 cucchiaini per tazza) e per tempi lunghi; possono essere preparate per infusione o decozione, in base al tipo di piante che le compongono.
Nel fare le tisane bisogna prima di tutto puntare all'omogeneità (I componenti devono prestarsi tutti o per l'infusione o per la decozione): è meglio utilizzare preparazioni costituite da poche piante e ben conosciute piuttosto che avere problemi di interazioni indesiderate. Infatti, si può notare come alcune piante vivano armonicamente con altre e abbiano magari proprietà simili. Partendo da questa analisi ambientale si possono ottenere suggerimenti per una corretta formulazione di tisane tenendo conto dei sinergismi di terreno. Ignorare l'equilibrio vigente tra le piante (che, ricordiamolo, sono esseri viventi!) può provocare rallentamenti del processo terapeutico desiderato. 
Nonostante la fitoterapia moderna utilizzi più frequentemente preparati già pronti (tinture madri, macerati di gemme etc…) le preparazioni estemporanee casalinghe, pur nella loro semplicità e nonostante alcuni le ritengano superate, mantengono ancora la loro importanza e validità soprattutto per le persone che bevono poco, per gli anziani, per i reumatizzati e per gli stitici. È da tener presente, inoltre, che a volte l'acqua è il miglior solvente dei principi attivi (come nel caso dell'artiglio del diavolo, della consolida maggiore, etc…) e che quindi le preparazioni acquose (decotti e infusi) per queste piante, sono senz'altro da preferirsi alle tinture madri e ad altre preparazioni apparentemente più prestigiose. La migliore strategia terapeutica non rinuncia a priori alle possibilità offerte anche dal più modesto dei rimedi. Solo preconcetti e interessi commerciali spingono rigidamente verso alcune forme, escludendone altre. Bisognerà valutare, comunque, caso per caso e in definitiva modulare gli interventi utilizzando le forme erboristiche e fitoterapiche che di volta in volta si dimostrano più valide. 


Come si preparano 
La scelta del contenitore per l’infusione o la decozione, preferibilmente in ceramica o porcellana priva di piombo, è fondamentale per la buona riuscita di una tisana, che deve essere preparata con uno o due cucchiaini di miscela poco prima dell’assunzione. È sconsigliabile raccogliere da soli le erbe da utilizzare, poiché la raccolta è un passaggio essenziale del procedimento: chi la esegue deve conoscere lo stato di salute della pianta, il periodo dell’anno più indicato (chiamato anche tempo balsamico), la modalità corretta per la conservazione, per il trasporto e per la successiva essiccazione. Il ‘fai da te’ può portare all’annullamento degli effetti benefici o anche rivelarsi dannoso per la salute. Dopo l’acquisto gli ingredienti devono essere riposti in recipienti chiusi ma non ermetici e posizionati in un luogo fresco, buio e asciutto, fuori dalla portata dei bambini, e consumati entro sei mesi. Per aromatizzare la bevanda è bene evitare lo zucchero e preferire un cucchiaino di miele oppure aumentare, dietro consiglio dell’erborista, la percentuale di droghe aromatiche.


La scelta tra infusione o decozione dipende dalle caratteristiche delle erbe scelte:

Infusione. È il metodo estrattivo di elezione in ambito domestico. Si prepara versando acqua bollente sulla miscela o sulla bustina già pronta, lasciandola poi in ammollo dai cinque (tisane principalmente aromatiche) ai venti minuti (tisane principalmente terapeutiche) in un contenitore chiuso con coperchio e mescolando prima dell’assunzione. Rispetto al decotto, l’infuso è più adatto per estrarre componenti volatili (che andrebbero perduti con l’ebollizione) da tessuti teneri e delicati (fiori, foglie ed erbe aromatiche). Prima dell’assunzione si filtra l’infuso ottenuto attraverso una tela o un colino a maglie strette.

Decozione. Si esegue ponendo la droga in acqua all’interno di un contenitore con coperchio e portando a ebollizione per un tempo che varia dai cinque (tessuti più teneri come fiori, foglie e sommità fiorite, per i quali però in genere è preferibile l’infusione) ai trenta minuti (parti più coriacee, come radici, rami, bacche e cortecce). Segue una macerazione a fuoco spento per qualche minuto e una filtrazione finale. Il decotto viene utilizzato soprattutto per le droghe costituite da parti dure meno penetrabili dall’azione dell’acqua calda. Si beve in tazza, ma può anche essere utilizzato nell’acqua del bagno o per impregnare compresse di garza o di cotone da applicare sulla pelle.

Un po’ di storia 
Da secoli l’uomo fa uso di piante curative e medicinali a scopo terapeutico. Una tradizione, questa, che continua ancora grazie alla chimica e alla medicina moderne. Già nel Medioevo i monaci e gli adepti delle scuole mediche condussero studi rigorosi sulle erbe medicinali, effettuando precise classificazioni e suddividendole in base al loro effetto e alla loro efficacia. Ma solo dopo l’invenzione della stampa, nel XV secolo, fu possibile uniformare gli elenchi delle erbe con le loro possibili applicazioni: nacque così la medicina erboristica. Nell’Ottocento, poi, studiosi e botanici fecero importanti passi avanti nella ricerca ponendo le basi della farmacognosia, la scienza volta allo studio dell’efficacia terapeutica dei principi attivi di fiori, foglie, radici e cortecce, singolarmente e nell’interazione dei loro principi attivi.

Link utili:


Breve Bibliografia 

Sala O., Tè e tisane, Vallardi 

Pedrotti W., Tisane. Il gusto della salute, Giunti Demetra 

Del Principe S., Mondo L., Come fare tisane e infusi. Proprietà e benefici, Gribaudo